Maria Gabriella Sartori, psicologa - psicoterapeuta

 

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USO E ABUSO DI SOSTANZE: PENSANDO AL PAZIENTE

 
PREMESSA
Nel delicato problema dell’uso e dell’abuso di psicofarmaci e di sostanze stupefacenti, la visione che ogni persona/professionista può avere, é determinata da un insieme de variabili che configurano una particolare visione del mondo e della vita.
Distinguere tra uso e abuso di medicinali, sia da parte del paziente, (quando sì auto–ricetta e no) sia da parte del medico, che li prescrive, ci porta al problema etico, economico e politico del problema.
L’etica, etimologicamente, dal greco éthikòs, ethos, significa costume, e costume, dal latino consuetudinis, è la maniera di agire generale, stabilita dall’uso.
Il dizionario differenzierà tra costume come abitudine da mal costume che equivale a corruzione.
Dal punto di vista filosofico, l’ética o filosofia pratica, é una rama della filosofia politica.
Già Spinoza (Olanda 1632 –1677), nel suo Trattato sull’Etica, parlava degli ideologi delle Passioni Tristi, riferendosi ai politici, e agli pseudo- religiosi, che rappresentano l’ipocrisia, il cinismo, la superbia e l’egoismo economico, che porta gli uomini credere di lottare per la propria libertà, quando invece lottano per la loro schiavitù .
Io sono italo-argentina, e ho un ricordo, che riporta al punto di vista economico-politico che risale l’anno 1966. All’epoca ero al primo anno d’Università.
Si tratta del “Golpe de Estado” di quell’anno. Al governo, per soli due anni (1964-1966), c’era stato, il Dr. Arturo Illia, un medico che apparteneva al Partito Radicale. Il suo partito promoveva gli interessi della piccola e media impresa mirando allo sviluppo del mercato interno, e parallelamente limitava la penetrazione dei grandi capitali monopolisti. In soli due anni si esce dalla recessione economica, però le multinazionali dell’industria farmaceutica, che il governo e, in particolar modo lui come medico, vogliono limitare, provocano il “Golpe de Estado”.
Ritornando ai nostri giorni , il Direttore Sanitario di Camp Delta, la prigione di Guantánamo, capitano Allo Shimkus, parlando dei prigionieri a suo carico, detenuti, che non sano dove sono, né quale sarà il loro destino, e perciò sono depressi e disperati, e tentano il suicidio, informa al giornalista, che il 10 % della popolazione penale é in cura psichiatrica - sebbene nel campo non ci sia un reparto psichiatrico: “Per coloro che soffrono di gravi disturbi psichici, sono imbottiti di farmaci: calmanti, sonniferi, e psicofarmaci vari”.
Due esempi, uno lontano nel tempo, l’altro nello spazio, ci fanno pensare sia alla produzione sociale della salute e della malattia mentale, sia alla proposta di un “ modello terapeutico”, impostato nel consumo de farmaci e psicofarmaci.
Se l’uso è l’espressione del consumo in sé di un prodotto, l’abuso riporta al consumismo di massa. Consumismo equivalente mitico di benessere e felicità. Il prodotto, la merce in generale, la sostanza e/o il medicinale, in particolare, saranno la via maestra per raggiungere questi mitici obbiettivi.

Il rapporto umano è sostituito dal consumo di merce, arrivando al paradosso nel quale, più consumo equivale a più felicità. Di questo modo, si genera l’abuso non solo come problema psicologico individuale, bensì come una propria e vera induzione al consumismo: un problema economico, politico e sociale.
Possiamo noi medici, psicologi, operatori sociosanitari, incidere su questo fenomeno?
Dal mio punto di vista, possiamo incidere ritornando ad un’etica della professione, che metta al centro della cura, la relazione medico/terapeuta – paziente.

Ho lavorato in Italia per 13 anni in una Comunità Terapeutica. per la cura d’ex-tossicodipendenti, pazienti che arrivavano da tutta Italia e dall’estero. Giovanni e non, con anni d’assunzione di psicofarmaci, alcol, droghe d’ogni tipo. Oltre al problema della tossicodipendenza presentavano le diverse malattie e disfunzioni correlate al loro stile di vita: cirrosi epatica, sieropositivi , epatite, perdita dei denti e dei capelli, ecc. Nella fase d’accoglienza, lasciavano tutti gli psicofarmaci e sostanze, come parte del contratto di lavoro. La cura propriamente detta, avveniva nel periodo residenziale di circa due anni, dove li seguivo in gruppo di psicoterapia insieme con altri operatori. Ho potuto osservare come il supporto istituzionale, il lavoro di gruppo, il lavoro individuale con operatori, i gruppi d’auto aiuto, i legami tra i pazienti, permettevano la creazione di una rete relazionale, che acconsentiva questi pazienti con gravi disturbi, non solo di lasciare gli psicofarmaci e sostanze, ma che si poteva intraprendere un lavoro psicoterapeutico che portava alla crescita e maturazione personale.
Nonostante la validità del modello terapeutico, circa due anni fa si reintroduce nell’istituzioni il metadone, e gli psicofarmaci “a scalare” per l’attenzione di questi pazienti. Dopo di che la Comunità Terapeutica non ha avuto bisogno della mia collaborazione come psicoterapeuta.
Nel anno 2003, l’Ordine dei Medici Pediatri Italiani autorizzò la prescrizione di psicofarmaci sui bambini. (Corriere della Sera, gennaio 2003).

PSICOFARMACI AI BAMBINI.

Ad aprile dello stesso anno, la Rivista Babele, dell’Ordine Psicologi di San Marino, riporta nel Articolo “Salute e Libertà Mentale”, il seguente titolo: “Prozac e Ritalin ai bambini, la soluzione più comoda per genitori, insegnanti e medici che non sano capire ne aiutare i bambini”.
Prozac è un potente antidepressivo, e il Ritalin è uno stimolante, che viene prescritto ai bambini con instabilità psicomotoria o pure chiamato, Sindrome Ipercinetico. Questo sindrome è una forma de instabilità affettivo- caratteriale, che riflette la situazione ambientale nella quale vive il bambino.
D’ intelligenza normale, hanno frequentemente ritardo nel apprendimento scolastico. Si muovono continuamente, toccano tutto, sono ostinati , incapaci di inibire il movimento, disordinati, labili e per tutto ciò, con poca capacità di attenzione. Arrivano alla consulenza perché non raggiungono sufficienti risultati scolastici, Il tutto si ricollega all’ incapacità di portare avanti un impegno in modo costante e prolungato.
Già negli anni settanta venivano medicati con anfetamine e Ritalin, che sono due stimolanti. Si riteneva che questi farmaci avessero un effetto sulla attività e la motricità, facendola più controllata e per conseguenza aumentavano la attenzione e la concentrazione durante il lavoro.
( J. de Ajuriaguerra., Manual de Psiquiatria Infantil, Editorial Mason, Barcelona, 1983, pag. 244.)
Pero no si teneva e non tiene in considerazione, l’avvertimento fatto gia nel anno 1971, dal Dipartimento della Sanità di Washington, il quale aveva sottolineato il pericolo di queste medicine: la tossicodipendenza come effetto secondario.
Però i medicinali non sono l’unica “terapia “ possibile. E stato dimostrato per questi bambini che in buone condizione educative e affettive, de comprensione da parte dei genitori, de accettazione da parte della scuola, la instabilità si reduce in gran numero dei casi, e in condizioni favorevoli, diminuiscono i sintomi intorno ai dieci anni di età.
Le buone condizioni ambientali sono legate sia all’ aiuto psicoterapeutico ai genitori, sia ad una organizzazione della scuola, che adegua il suo insegnamento ai bisogni evolutivi del bambino, e non viceversa.

Il Prozac potente antidepressivo, utilizzato da adulti, tossicodipendenti, e adesso autorizzato per i bambini, ci porta allo studio delle prime relazioni sociali del bambino: il rapporto con la madre, intesa come rappresentante della società.
Partiamo della ipotesi che, se la relazione madre-figlio è normale, non ci saranno disturbi nello sviluppo del bambino. Il bebè è al inizio della vita, un essere indifeso, dipende in tutto e per tutto dagli adulti.
La madre – società, rappresenta tutto ciò che il bambino ne ha bisogno: cibo, affetto, tenerezza, calore, sostegno, appoggio, protezione. Il bambino lo può ricevere se è stato desiderato, se la madre è sufficientemente buona, e se la madre è sostenuta – dal padre, dalla famiglia, dalla comunità.
Però anche se un bambino è stato desiderato, ci sono tanti fattori che influenzeranno già dalla gravidanza e/o nei primi anni di vita, nella sua crescita: migrazioni, guerre, traslochi, terremoti, lutti, malattie, perdita del lavoro, ecc…
Infine, ci sono i bambini non desiderati.
Questo ci porta allo studio del legame madre-figlio.
Ci sono relazioni madre – figlio, improprie, e relazioni madre figlio – insufficienti, che avranno effetti diversi nel bambino.

a- Relazioni improprie:
1- rifiuto primario, attivo e passivo, (madre abusata, madre che ha perso il partner, ecc). Le conseguenze osservate nel neonato, sono il vomito e le malattie respiratorie.
2- Ansietà e sollecitudine eccessiva, e/o iperprotezione . Le conseguenze nel bebè sono le coliche del primo trimestre.
3- Aggressività mascherata d’ angoscia , (bambino down, ecc) porta al ‘eczema infantile
4- Madre imprevedibile, passaggio veloce tra le coccole e l’ostilità, porta all’ ipermotilità aggressività, e instabilità. (Balanceos del bebè, - autoerotismo- più tardi il bambino che si batte la testa sul muro, -autoagressione- , probabilmente il futuro ipercinetico?) Caso clinico: V.D. una donna già figlia adottiva, più migrazione e lutti nei primi anni di vita del suo bimbo.
5- Madre depressive, con onde lunghe di passaggio d’umore, che durano settimane o mesi. Queste madri, passano dalla gran sollecitudine verso il loro figlio, al rifiuto violento, e all’aggressività. Nelle madri depressive, le tendenze sono il desiderio d’introiezione, come conseguenza di una ambivalenza originaria da loro subita .
Nell’attacco depressivo l’ammalato incorpora l’oggetto, non riuscendo ad integrarlo nell’Io, lo incorpora nel se. Il motivo è la perdita dell’oggetto. (il futuro obeso?)

b- Relazioni insufficienti:
I bambini, se privati dal rapporto con la madre, e se questa non é sostituita convenientemente, provoca i fra storni di carenza affettiva,
La carenza affettiva può essere parziale o totale. (Malattie, separazioni, morte,ecc)
Le conseguenze dipendono della durata della perdita, giorni, settimane, mesi,o per sempre.
Il bebè inizia con pianto, insonnia, perdita di peso, rifiuto del cibo e/o del contatto sostitutivo.
Continua poi il ritardo motorio, (terzo mese di separazione). Si ammalano con maggior frequenza, come effetto del abbassamento delle difese.
Inizia un quadro depressivo: Rigidità visiva, gemiti strani, letargia.La depressione anaclitica, si presenta quando il bebè ha avuto prima un buon rapporto con la madre. Sorprende il rapido recupero se la madre ritorna.
Infine, se la carenza e totale, le reazioni del neonato sono progressivamente di maggior gravità.
Si tratta dei bambini istituzionalizzati, abbandonati. Di mese in mese si osservano ritardi nello sviluppo, in tutti i settori della personalità.
Il lattante rivolge l’aggressività contro se stesso, portando all’insonnia totale, non assimilano più il cibo, provocando con la depressione, il marasma a volte anche la morte. (Spitz, R. El primer ano de Vida. Ed. Aguilar, Madrid, 1968.)
Questi studi ci permettono di porsi questa domanda: Che Cosa offriamo a questi bambini? Medicinali : antidepressivi? sonniferi vari e infine il Retalin se arrivano alla età scolastica?
Ricordiamo che farmaco, deriva dal greco “pharmacon” significa veleno- porta al problema della giusta misura, e che la perversione è la trasformazione di ciò che era buono in cattivo.

PENSANDO AL PAZIENTE
Il paziente, è la persona che soffre, ma che ha pure la pazienza (del lat. patients) per sopportare sia le avversità della vita sia le difficoltà e le fatiche d’ un percorso terapeutico..
La Terapia è la branca della medicina che si occupa di curare le malattie. Terapeuta, dal greco therapeutes: servitore. Nel senso etimologico della nostra professione, non siamo che servitori dei nostri pazienti, al loro servizio: Di presa in carico e di cura.
Il paziente e la persona che oggi riunisce tutti noi, provenienti da esperienze e professioni diverse, in quest’incontro. E colui che ci accomuna, nell’ospedale, nella Comunità Terapeutica, nel consultorio, nello studio, portando quando possibile al lavoro d’equipe.


Quali sono gli strumenti curativi a nostra disposizione?
La persona del terapeuta in senso amplio, e principalmente la relazione che è capace de creare con il paziente. (sia medico, sia psicologo, ecc.)
I medicinali.
La psicoterapia, nelle sue diverse forme : individuale, di coppia, di famiglia, di gruppo-
Il gruppo, l’istituzione, la Comunità.
C’è un uso etico delle terapie a nostra disposizione, e un uso corrotto.
Utilizziamo il farmaco in modo etico quando pensiamo al paziente, lo accompagniamo durante un percorso doloroso e difficile della sua vita, e lo aiutiamo – insieme con altri operatori, a diventare una persona autonoma, in grado di sostenere le difficoltà della vita, capace de amare e di creare.
Utilizziamo il farmaco e le diverse terapie in modo corrotto quando si cerca:
1. Il solo controllo del paziente, o della popolazione.
2. S’induce, conscia o inconsciamente, al consumismo – portando molte volte alla dipendenza, e/o all’addizione.
Sappiamo che dietro le dipendenze da farmaci, alcol o droghe, c’è uno Stile di Vita, ed una sintomatologia , una patologia depressiva, o melancolica. Che tutte queste sostanze danno l’illusione de pienezza, di fronte alla sofferenza, all’angoscia del vuoto, al dolore della solitudine.
Pensando al paziente, a ciò che lui necessita, e non a nostri bisogni come terapeuti. (di guadagno, di successo, di tranquillità.


Per concludere:
Farmaco contro parola? Collaborazione tra terapeuti?
E possibile una collaborazione ?
Quando é consigliato l’uso, sia del farmaco, sia della parola, sia della collaborazione tra terapeuti? Questo é un argomento da approfondire.
Etica del farmaco, ed etica della parola, (che è lo strumento dello psicologo, psicoterapeuta,)
Possiamo trovare una sintesi, superando dicotomie e rivalità dannose, pensando nelle reali necessità, del paziente.
Pensando al paziente come una Persona che soffre, e intanto tale ogni uno di noi, lo è stato, o può diventarlo.