Maria Gabriella Sartori, psicologa - psicoterapeuta

 

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TOSSICODIPENDENZA, FAMIGLIA E SOGGETTIVITÀ

INTRODUZIONE
L’obiettivo del presente lavoro è studiare il rapporto tra il mondo interno del paziente, la famiglia e le realtà storiche - sociali. I pazienti in considerazione sono tossicodipendenti d'eroina con dieci o più anni di tossicodipendenza. La decisione di realizzare un programma riabilitativo - residenziale proviene in parte dal paziente, in parte dalla stesa famiglia, ed ha una durata di 18-24 mesi circa. La Comunità Terapeutica appartiene al “privato-sociale” ed è diretta da sacerdoti salesiani.
Durante il loro ricovero, partecipano a gruppi di psicoterapia ad orientamento psicoanalitico, con la sottoscritta, una volta alla settimana.

ERIK
1.-
Erik, un giovane vecchio, o un adolescente tardivo. Ha trenta anni e da poco più di un anno forma parte de un gruppo- analitico.- Alla Comunità Terapeutica viene a causa della denuncia che sua madre fa ai carabinieri. No aveva trovato un altro modo per farlo uscire dal mondo della droga e della delinquenza. Sceglie quest'istituzione perché un cognato aveva fato lo steso percorso e si era trovato bene.
Appartiene ad una famiglia d’origine popolare. Il padre, operaio qualificato, muore quando Erik ha 24 anni. Lui si trovava allora in Germania. Lavorava in un restaurante, e nonostante il duro lavoro, in più le lunghe giornate lavorative, sentiva che aveva trovato la sua dignità. Apprezzato dai proprietari del posto, stimato dai clienti.
Con la morte del padre, la madre, che resta da sola, lo chiama con lei, ad una piccola città del Nord d’Italia, per occupare il posto del padre, nella ditta statale dove lui lavorava. Erik accetta, sottomettendosi così al desiderio della madre.
Dieci giorni dopo d’iniziato il lavoro, fa un incidente con la macchina, che lo porterà all'ospedale per circa un anno.
“Il destino”, pensa lui. Conclude di questo modo anche perché nei due anni successivi, farà ancora cinque incidenti! Decide finalmente di andare ad un sacerdote, un esorcista di Belluno, la città nella quale abitava, perché si crede stregato.

2.- DUE SOGNI
È poco più de un anno che Erik si trova nella comunità terapeutica.
Racconta nel gruppo questi due sogni: “E il mese di giugno, sono in mezzo al bosco, in una chiesa “sconsacrata”, (dove non si celebrano messe). I banchi sono fuori, dentro si trova una setta. Io sono interessato a formare parte della stessa”- Aggiunge “da sempre sono stato interessato attratto dalle cartomanti, sedute spiritiche e sette sataniche., principalmente dopo la morte de mio padre, (per parlare con il suo spirito) “però anche precedentemente. Io ero un appassionato.” Continua poi con il sogno “Entro nella chiesa, per fare parte della setta, però mi chiedono un sacrificio: tagliare il dito mignolo. Lo accetto. (La comunità terapeutica chiede ad ogni paziente che ingressa l'astinenza sessuale e l'assistenza religiosa cattolica obbligatoria.) In quel momento entra il padre de mia morosa, Emma e mi porta via del posto con la forza., salvandomi cosi del sacrificio.”
Il secondo sogno, continua, è in relazione con il precedente: “Un cane voleva scopare il mio, che diventa subito una cagna. Si fa una cagna (-gioco di parole per indicare sia l’atto sessuale sia il cambio di sesso) -. Con una pedata tratto di mandarlo via però no capisce. Impugno un coltello per ucciderlo, cado e mi pianto il coltello in una mano. Vado dalla mia madre per chiederle una brocca, un recipiente per raccogliere il sangue, sangue necessario per fare un sacrificio ed entrare così ad una setta. Entro nel posto e stanno celebrando una “messa nera”. Arriva la mia ragazza, Emma, mi chiama e io la mando via.” Cui finisce il sogno.

3.- ASSOCIAZIONI
Nel periodo in cui faccio i due sogni, io ero in crisi con la mia morosa. La crisi comincia a novembre, dicembre dello scorso anno.(Erik è nella comunità già da nove mesi.) Nella visita mensile, io la trovo fredda, questo mi fa arrabbiare in modo tale che tiro un pugno all'armadio, spaccandolo e facendomi male nella mano! Volevo andare via dalla comunità in quell’epoca. ( Questo significava ritornare al mondo della droga e della delinquenza) Lei si giustifica affermandomi che “la freddezza era dovuta allo stress” Io intuivo invece che c’era un'altra persona nel mezzo, cosa che poi si era confermato. Le propongo di separarsi per un tempo. A giugno ritorno a chiamarla, pensando chiudere il rapporto, però ho sentito per telefono che non era cosi. “Cosa faccio.? Mi separo o no? Contemporaneamente, Erik aveva scritto al padre della ragazza, per chiedere un'altra chance, un'altra possibilità. Il suocero non sapeva fino allora, della tossicodipendenza del futuro genero, che era un altro motivo di preoccupazione. Lui le risponde in modo “no tagliante”, come temeva pure. ”No si cancellano con un colpo di spugna dodici anni di coppia, “- è il commento d'Erik.
Il sacrificio attuale è la sua vita sessuale e di coppia, sacrificio richiesto da questa “setta” che è la comunità terapeutica, oppure il gruppo di psicoterapia. Per formare parte di questo gruppo, è necessario un sacrificio.
Erik ci parla della sua attrazione dalle “sette sataniche”. Ad una di loro voleva entrare, però no lo fa, per paura. A timore della violenza sessuale sui minori. Però è attratto dal “mistero”, come dalle medium e lo spiritismo. Dopo i cinque incidenti, teme per la sua integrità fisica. Se rivolge ad un sacerdote esorcista di Belluno, chiedendole lo “liberasse dall'influenza satanica”. Crede pure d’avere il malocchio.
La storia infantile d'Erik, ci permette di capire, in chiave psicoanalitica, il suo dramma vitale. Quando aveva due anni d’età, nacque sua sorella. Da sempre, lui ricorda che la gelosia lo consumava, senza però essere mai stato capito dalla madre. Lui doveva preoccupassi che la sorella no si facesse male, per esempio, e se qualcosa le succedeva, era sua la colpa. Lui si sentiva cosi sempre in disparte, sempre responsabilizzato, e mai capito. La madre lo picchiava duramente. Comincia a vendicarsi, castigando a sua volta alla sorellina, nello stesso modo che lui era trattato dalla madre.
Diventa nel tempo, un bambino problema. Castigato brutalmente dalla madre, ogni giorno. Fino a sanguinare. In un'occasione, per esempio, no va a scuola per una settimana, dovuto alle botte ricevute. Il padre, che sapeva ciò che succedeva a casa, lo portava a volte con se al lavoro, per sottrarlo alle ire della madre.
Questo bambino -problema, brucia i mobili di casa, spinge la carrozzina della sorella, giù dalle scale di casa. Le da un biberon con l’alcol dentro, la bastona ed è bastonato continuamente.
Però, questa madre, è imprevedibile. Così come bastona e picchia a sangue suo figlio, “sacrificandolo”, dello stesso modo, lo tratta con affetto. Questo provoca in lui, una dissociazione difensiva. Sappiamo il bisogno d’affetto e protezione che ha un bambino. Questo pensiamo sia all'origine de un legame “di-valente”. Dissociato. La madre è in questo modo, preservata. Se sottomette a lei, mantenendo così gli aspetti buoni del legame, però non potendo mai dire di NO. Né meno quando lo desidera.
Però si allontana da lei, già a quattordici anni, va a lavorare in Germania. Durante il primo anno, la madre resta con lui, e poi, per sopportare la immigrazione e la solitudine affettiva, sebbene era con uno zio, comincia ad andare, dopo il lavoro, ad un “coca- club,” dai sedici anni. La rabbia, l’odio, la ostilità, sarà nel successivo, scaricata, al cominciare la sua vita delinquenziale, contro la polizia, l’esercito, i carabinieri, infine, chi rappresenta la una forza pubblica, istituzionale. Gli provoca, bastonandoli e facendosi bastonare.
Man mano che Erik ci parla della sua infanzia, parla con la madre nelle visite periodiche che questa le fa in comunità. Scopre così che lei no ricorda per niente de averlo bastonato in quel modo durante la sua infanzia - (una probabile amnesia difensiva in lei) e che nemmeno se n'era resa conto della gelosia d'Erik per la sorella.
Io le domando cosa sa dell'infanzia de sua madre.Lui viene cosi a sapere, solo adesso, che sua madre, orfana del padre da quando aveva due anni, ha subito dopo un patrigno che la picchiava brutalmente durante la sua infanzia, mantenendo però la affetto della madre.
Cui vediamo i due legami che mette in atto inconsciamente con il figlio: uno sadico, e l’altro affettuoso. Il mistero, lo satanico, ciò che tanto lo attraeva sono infine, gli aspetti dissociati del legame disturbato con la madre
Si tratta dell'eredità satanica che questo patrigno lascia nella donna, passando infine al figlio. Figlio che deve sacrificarsi e sottomettersi al desiderio del altro. Quando lui parla delle sette, parla si della comunità terapeutica che le chiede la rinuncia della sua sessualità, però anche del suo sacrificio, rinunciando alla Germania, per esempio, alla madre stessa, andandosene via di casa prima del tempo, per scappare inconsciamente a questa madre imprevedibile. Finalmente, del suo “sacrificio” infantile, alla mercé della follia della madre, che lo colpiva “chiedendole il suo sangue, ”come lo fanno le sette sataniche. Sadismo che diventa in lui, masochismo, per preservare il legame con la madre. Questo legame “di-valente”, può essere modificato nel rapporto analitico: Erik riesce a dirle alla madre: “Per no mancarti di rispetto a te, mi sono mancato di rispetto a me stesso, sottomettendomi.
Qual è il rapporto tra la Chiesa e la Setta? Nella Chiesa “si nasce”, si appartiene a lei perché forma parte de un ambiente storico- sociale. Alla setta, contrariamente, “ si aderisce” per una decisione fondata in una convinzione. La Chiesa si presenta come una istituzione che pretende redimere a tutti gli esseri umani. Per riuscire a questo, cerca tutti i compromessi con gli ordinamenti del mondo. Nella setta, invece, prevale, piuttosto, la critica radicale di questo. Pretende, che chi vi aderisce, si sottometta ad un rigoroso cammino d’iniziazione, culminante in un atto di conversione, ( metanoia)- di cambiamento d’identità.(*)
La setta esprime un conflitto esplicito o implicito con il principio d’autorità. Nel caso d'Erik, il suo conflitto con la madre è rimasto inconscio per anni. La sottomissione alla “Madre = Chiesa”, lo portai a scelte fondate sia nel masochismo sia nell'auto-agressione. O allo scontro aperto con le altre “autorità”. La attrazione per le “sette”, rispecchia la ricerca di una nuova identità. La istituzione comunità terapeutica alla quale viene in cerca d'aiuto, contiene in se stessa sia la “chiesa =-madre che chiede il sacrificio della sessualità,” come la “setta= gruppo terapeutico” che cerca un altro sistema de credenze, un'altra analisi della realtà, che però, non ha nella forza, né il potere che ha la istituzione madre.
La madre e la madre =chiesa le chiedono una rinuncia ad una parte del sé, la castrazione.
I sogni, da lui raccontati, rispecchiano una percezione inconscia di questa problematica, percezione che rimane tale, fino a quando la persona sarà pronta per un cambiamento.

MATTEO
1.
Matteo ha 28 anni e una lunga storia di tossicodipendenza. Negli ultimi anni, era parte di una banda mafiosa, che operava nel Nord d’Italia con traffico de armi e droghe.
Proviene da una famiglia de contadini di livello economico medio -alto, che in più si era arricchita con le attività imprenditoriali di suo padre. Questo muore in un incidente di lavoro- quando Matteo ha 21 anni d’età. Ha un fratello, due anni più anziano“ che è tutto l’opposto di me”.
Alla Comunità Terapeutica viene perché spinto dalla famiglia, “alla quale provocavo molti problemi”, ci dice in un primo incontro. Sua madre, lo ha prediletto da sempre, “perché avevo problemi”, mantenendolo in un rapporto di dipendenza e complicità.
Lui sceglie questa comunità, perché un amico la aveva fatta precedentemente e si era trovato bene.
Nella prima seduta di gruppo ci dice che: “sono dodici anni che mi drogo, cominciando a tredici, quattordici anni con l’haschich. (Notare che no lo considera droga) e ai sedici anni con la eroina, pero in modo “controllato”.
(*) Nota. Pace, Enzo: Le sette. Bologna. Il Mulino, 1997, pag. 23/24.

Appartengo ad una famiglia unita, senza nessun tipo di problemi. Pero con la morte de mio padre, mi sono trovato da “mantenuto, figlio di papà”, a dover prendere decisioni. Passo a dirigere una piccola impresa, che ha funzionato, pero perde il controllo della droga. Mi drogo senza limiti. Lo stesso come quando muore mia zia. Una voglia di disfarmi”.
“Ho mangiato così milioni di lire, finendo in carcere, con una condanna a quattro anni e novanta milioni di multa.”
"Quando esco, le passo l’attività a mio fratello ed io inizio altra, con difficoltà.”
Sempre in questa prima seduta, ci dice: stanotte ho fatto un sogno. “Uno che abita vicino della mia casa a Padova, le spara al mio cagnolino. Io le dico: uccido al tuo figlio!!! .E le tiro pietre.”
“Da schizofrenico,” è tutto il suo il suo commento.
Associa che si tratta di un vicino che viene a ristrutturare una casa adiacente alla sua, sebbene non abita ancora lì. Io no sono aggressivo nella realtà, ci dice.
In verità, no se ne rende conto, perché la depressione copre la sua aggressività. Aggressività che diventa auto-distruzione. Con l'eroina cerca d’uscire dalla depressione allo steso tempo che la agisce. Continua dicendo. Però no lo uccido a lui, sino al figlio, lui deve soffrire, così come io soffro per il mio cagnolino. In casa ne ho due.
Le interpreto il sogno affermandole che lui ha paura con l’ingresso nella comunità, di perdere i suoi affetti, che restano fuori, poiché anche lui viene cui a ristrutturare la sua casa mentale, a questa casa dove non abita.
Pure lui, come l'uomo del sogno, ci mostra tutto il suo dolore e la sua sofferenza, pero anche la sua paura per l'aggressività e impulsività, no riconosciuta n'accettata da lui, sino totalmente negata e dissociata- (lo schizofrenico).Nel sogno ci mostra così una percezione inconscia del suo odio, della sua aggressività, e dell'impulsività irrazionale. “Non sono aggressivo, sono di compagnia, allegro, mi risponde". Alla fine dell'interpretazione, mi domanda: “Lei, è spagnola?" Il suo accento. ha qualcosa di Maradona.
Con questo sogno, in apparenza “irrazionale, o irrilevante per Matteo, ci offre importanti elementi di diagnosi. La depressione, che nega, la sua impulsività, la sua tendenza all'acting-aut, la paura al cambiamento e pure la sua disponibilità al cambio, nonostante le angosce e paure inconsce.

2.
Quindici giorni prima di compiere 29 anni, mi avvisa, durante la seduta di psicoterapia gruppale, che se n'avrebbe andato via prima del compleanno.
Durante questa seduta, fa un analisi della sua decisione, e di ciò che ha potuto capire di se stesso durante il percorso terapeutico “.Ho idealizzato ha mio padre, per me era un mito, un modello al quale aspiravo. Capace, onesto, lavoratore. Lui rappresentava tutto quello che io no sono, e che ormai, no riuscirò ad arrivare, mai più. Così, finisco per dire, nemmeno mi piace essere come lui - come nella favola, la volpe e le uve.- indico io. Già dalle scuole medie comincio a scegliere d’essere lo opposto a mio padre. Questa diventa le scelta più facile .Perché complicarmi la vita? Mi dico a me stesso. E si domanda nuovamente davanti al gruppo.
Per Matteo, tanto il padre come il fratello sono modelli positivi: onestà, lavoro senza sosta, capacità imprenditoriale, ecc. Matteo, contrariamente, fa lo opposto, l’ultimo della classe, il peggiore.
Fare “il diverso”, e un modo d’avere una identità chiara. Però, la scelta di vita delinquenziale, con le emozioni forte che provoca, sono un modo, una via d’uscita dalla depressione.
La trasgressività adolescenciale esprimeva già questa ricerca d’essere visto e capito dalla famiglia.
La ammirazione al modello, ci permette di supporre una invidia inconscia rivolta ai “buoni” della famiglia, mantenendolo nello stato depressivo più o meno costante, sotto controllo con la eroina.
L’odio verso queste stesse figure, odio totalmente inconsapevole, lo orienta verso uno stile di vita delinquenziale, sfogando contro le “forze dell'ordine pubblico” tutta la sua rabbia e aggressività.
La sua scelta di vita si sostenta nella dipendenza dal modello paterno, trasformato nell'opposto. “Io sentivo a mio padre cosi in alto e perfetto, che però no mi permetteva d'essere me stesso. Un modello irraggiungibile...” Temevo deludere a mio padre, vedendolo come il massimo della correttezza, no potevo concorrere con lui, così decido di fare l’opposto, il delinquente, il cattivo.”
Nella scuola elementare ero il primo della classe. Capivo già che no imparavo da gli errori, sino che questi mi facevano peggiorare .Cosi comincio già nell'adolescenza a pensare che, “sarò il peggiore, lo stupido, il monna, perché no sono capace d'essere come mio padre”.(nemmeno e possibile prendere questo posto perché già è stato occupato dal fratello maggiore).Conclussione: se non posso essere come lui, sarò tutto lo opposto. “La vita delinquenziale, -con le intese emozioni - mi attrae molto di più, siccome no posso vedere piangere a mia madre, per fare la mia vita devo andarmene via dalla mia casa, e adesso dalla comunità”
Matteo sa che sua madre soffre per il suo stile di vita, però sa pure che da sempre è stata una sua complice, opponendosi al padre, difendendolo sempre. Anche adesso accetterà le sue decisioni.
Le indico che questa decisione si fondamenta alla fine in un modello di dipendenza. Penso, senza dirlo, che dal mio punto di vista, lui non è un “vero”, completo delinquente. Nella sua famiglia c’è una distribuzione dei ruoli tra i “buoni” e i “cattivi”, conseguenza di una dissociazione o scissione difensiva e di una depressione latente, della quale si fa carico Matteo per intero. Forse (-ipotizzo ) Matteo è il secreto depositario del desiderio della madre, de “aiutarla “ ad uscire da una sua insoddisfazione, che è alla base della tossicodipendenza del figlio.
Matteo in questo momento ci racconta un sogno fatto una settimana fa. .”Eravamo fuori dalla Comunità Terapeutica. ,io, GR. GI. e MO.(sono tutti compagni del suo gruppo psicoterapeutico) in una Diane 2 CV (una macchina piccola). Il baule è carico d'eroina. Ci ferma l ’Esercito Italiano. Loro sono in una Jeep. Ci fermiamo, scendiamo dalla macchina. Io avevo in dotazione una M.16. (Esercito U.S.A.) e R. aveva una U.Z.I. (Esercito d’Israele). Scendiamo dalla macchina, con la M.16. Quelli dell'esercito sono allo scoperto, li uccidiamo a tutti, con ferocia inaudita. Finalmente io le do il colpo de grazia nella testa. Festeggiamo fumando e snifando eroina. Tutti ci droghiamo alla fine.”
Questo sogno lo fa domenica notte, dopo una giornata passata ad Assolo in gita con tutta la comunità. In questa gita, “una noia totale”, vediamo una banca e una gioielleria. Così, per scherzo, le dice ad un amico del gruppo: cosa dici se facciamo una rapina?” .La gita era noiosa, come per bambini, la sua proposta invece, era emozionante e divertente. Commenta pure, la sorpresa che ha di se stesso, per la ferocia mostrata nel sogno. Adesso se ne rende conto di quanta aggressività e odio può sentire al meno nei sogni.
Con questo sogno possiamo capire di più la sua confusione tra glia aspetti “buoni” e “cattivi”. Lui si sentiva il depositario di tutto ciò di brutto, di cattivo e di sbagliato in confronto con la sua famiglia.[e società- aggiungo io].
Nel sogno uccide alla pattuglia dell'esercito italiano, con le stesse armi che utilizzano gli eserciti alleati: appunto: USA e, Israele. Combatte quest'esercito regolare con un suo gruppo, utilizzando le stese armi di loro, -le medesime che nella realtà, è anche trafficante.
Qual è la differenza tra un esercito regolare e uno irregolare, una banda paramilitare come quella di Matteo?. La differenza è sottile. L’esercito regolare opera per lo stato , la banda paramilitare opera in proprio.
La angoscia di Matteo diviene dal non avere arme proprie. Lui cerca di liberasi dal potere di suo padre, che lo mantiene nella sottomissione e nella dipendenza, impossibilitandolo di crescere. Il padre “perfetto e idealizzato” della vigilia, è, nel suo mondo interno, un padre oppressivo, tirannico, e di questo padre “intero”, vuole liberarsi con odio e ferocia inaudita.
La conclusione del sogno, dove tutti si drogano , c'informa della sua impossibilità, attuale, di liberarsi dalla dipendenza. Sebbene ha la sua banda, il suo gruppo, ancora no trova un modello proprio, di profonda, reale trasformazione e superamento. Essere il figlio “buono”, o “cattivo,” lui sa che forse sono la stessa cosa. .No c’è molta differenza tra un esercito regolare e uno irregolare.
Infine, a cosa servono droga ed armi?
Forse questo padre, così perfetto e idealizzato, no era nella realtà solo così. Questo sogno pone il gran problema di Matteo, la costruzione della sua identità, e c'informa de quanto è difficile e faticoso per lui liberarsi da modelli interni cosi idealizzati come invidiati. Lui sente che, in questo momento, ha bisogno d’uccidere al nemico, cioè, liberarsi da suoi oggetti interni, ai quali odia ferocemente, senza essere consapevole ancora di questo.

Dopo questo sogno, Matteo decide di restare nella Comunità Terapeutica. Questa volta con la consapevolezza della necessità di elaborare il suo vecchio modello di dipendenza, e stile di vita delinquenziale, cercando, paziente e costruttivamente una nuova identità.

-3.
Il sogno è la via maestra per accedere all'inconscio del paziente. Da una prospettiva psicoanalitica, ha differenti funzioni:
- La realizzazione simbolica de un desiderio represso,
- La elaborazione di conflitti inconsci,
- Una comunicazione intrapsiquica.
- Un linguaggio che ha bisogno di essere tradotto e interpretato, per far sì che la comunicazione abbia una finalità terapeutica.

Come linguaggio, è una comunicazione del paziente con se stesso e con il suo gruppo di appartenenza: famiglia, comunità.-
L’analisi sistematico dei sogni che i pazienti portano al gruppo analitico, si è rivelato nella mia esperienza clinica come:

1- Un significativo strumento de diagnosi
2- Una valutazione del processo terapeutico
3- Una mappa della situazione mentale del paziente.
4- Una auto - percezione della patologia d’origine, (famiglia,)
5- Una percezione della de la patologia istituzionale.
6- Una auto- percezione della resistenza al cambiamento come della disponibilità al cambio.