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      TOSSICODIPENDENZA, FAMIGLIA E SOGGETTIVITÀ
      INTRODUZIONE
        L’obiettivo del presente lavoro è studiare il rapporto tra 
        il mondo interno del paziente, la famiglia e le realtà storiche 
        - sociali. I pazienti in considerazione sono tossicodipendenti d'eroina 
        con dieci o più anni di tossicodipendenza. La decisione di realizzare 
        un programma riabilitativo - residenziale proviene in parte dal paziente, 
        in parte dalla stesa famiglia, ed ha una durata di 18-24 mesi circa. La 
        Comunità Terapeutica appartiene al “privato-sociale” 
        ed è diretta da sacerdoti salesiani.
        Durante il loro ricovero, partecipano a gruppi di psicoterapia ad orientamento 
        psicoanalitico, con la sottoscritta, una volta alla settimana.
      ERIK
        1.-
        Erik, un giovane vecchio, o un adolescente tardivo. Ha trenta anni e da 
        poco più di un anno forma parte de un gruppo- analitico.- Alla 
        Comunità Terapeutica viene a causa della denuncia che sua madre 
        fa ai carabinieri. No aveva trovato un altro modo per farlo uscire dal 
        mondo della droga e della delinquenza. Sceglie quest'istituzione perché 
        un cognato aveva fato lo steso percorso e si era trovato bene.
        Appartiene ad una famiglia d’origine popolare. Il padre, operaio 
        qualificato, muore quando Erik ha 24 anni. Lui si trovava allora in Germania. 
        Lavorava in un restaurante, e nonostante il duro lavoro, in più 
        le lunghe giornate lavorative, sentiva che aveva trovato la sua dignità. 
        Apprezzato dai proprietari del posto, stimato dai clienti.
        Con la morte del padre, la madre, che resta da sola, lo chiama con lei, 
        ad una piccola città del Nord d’Italia, per occupare il posto 
        del padre, nella ditta statale dove lui lavorava. Erik accetta, sottomettendosi 
        così al desiderio della madre.
        Dieci giorni dopo d’iniziato il lavoro, fa un incidente con la macchina, 
        che lo porterà all'ospedale per circa un anno.
        “Il destino”, pensa lui. Conclude di questo modo anche perché 
        nei due anni successivi, farà ancora cinque incidenti! Decide finalmente 
        di andare ad un sacerdote, un esorcista di Belluno, la città nella 
        quale abitava, perché si crede stregato.
      2.- DUE SOGNI
        È poco più de un anno che Erik si trova nella comunità 
        terapeutica.
        Racconta nel gruppo questi due sogni: “E il mese di giugno, sono 
        in mezzo al bosco, in una chiesa “sconsacrata”, (dove non 
        si celebrano messe). I banchi sono fuori, dentro si trova una setta. Io 
        sono interessato a formare parte della stessa”- Aggiunge “da 
        sempre sono stato interessato attratto dalle cartomanti, sedute spiritiche 
        e sette sataniche., principalmente dopo la morte de mio padre, (per parlare 
        con il suo spirito) “però anche precedentemente. Io ero un 
        appassionato.” Continua poi con il sogno “Entro nella chiesa, 
        per fare parte della setta, però mi chiedono un sacrificio: tagliare 
        il dito mignolo. Lo accetto. (La comunità terapeutica chiede ad 
        ogni paziente che ingressa l'astinenza sessuale e l'assistenza religiosa 
        cattolica obbligatoria.) In quel momento entra il padre de mia morosa, 
        Emma e mi porta via del posto con la forza., salvandomi cosi del sacrificio.”
        Il secondo sogno, continua, è in relazione con il precedente: “Un 
        cane voleva scopare il mio, che diventa subito una cagna. Si fa una cagna 
        (-gioco di parole per indicare sia l’atto sessuale sia il cambio 
        di sesso) -. Con una pedata tratto di mandarlo via però no capisce. 
        Impugno un coltello per ucciderlo, cado e mi pianto il coltello in una 
        mano. Vado dalla mia madre per chiederle una brocca, un recipiente per 
        raccogliere il sangue, sangue necessario per fare un sacrificio ed entrare 
        così ad una setta. Entro nel posto e stanno celebrando una “messa 
        nera”. Arriva la mia ragazza, Emma, mi chiama e io la mando via.” 
        Cui finisce il sogno.
      3.- ASSOCIAZIONI
        Nel periodo in cui faccio i due sogni, io ero in crisi con la mia morosa. 
        La crisi comincia a novembre, dicembre dello scorso anno.(Erik è 
        nella comunità già da nove mesi.) Nella visita mensile, 
        io la trovo fredda, questo mi fa arrabbiare in modo tale che tiro un pugno 
        all'armadio, spaccandolo e facendomi male nella mano! Volevo andare via 
        dalla comunità in quell’epoca. ( Questo significava ritornare 
        al mondo della droga e della delinquenza) Lei si giustifica affermandomi 
        che “la freddezza era dovuta allo stress” Io intuivo invece 
        che c’era un'altra persona nel mezzo, cosa che poi si era confermato. 
        Le propongo di separarsi per un tempo. A giugno ritorno a chiamarla, pensando 
        chiudere il rapporto, però ho sentito per telefono che non era 
        cosi. “Cosa faccio.? Mi separo o no? Contemporaneamente, Erik aveva 
        scritto al padre della ragazza, per chiedere un'altra chance, un'altra 
        possibilità. Il suocero non sapeva fino allora, della tossicodipendenza 
        del futuro genero, che era un altro motivo di preoccupazione. Lui le risponde 
        in modo “no tagliante”, come temeva pure. ”No si cancellano 
        con un colpo di spugna dodici anni di coppia, “- è il commento 
        d'Erik.
        Il sacrificio attuale è la sua vita sessuale e di coppia, sacrificio 
        richiesto da questa “setta” che è la comunità 
        terapeutica, oppure il gruppo di psicoterapia. Per formare parte di questo 
        gruppo, è necessario un sacrificio.
        Erik ci parla della sua attrazione dalle “sette sataniche”. 
        Ad una di loro voleva entrare, però no lo fa, per paura. A timore 
        della violenza sessuale sui minori. Però è attratto dal 
        “mistero”, come dalle medium e lo spiritismo. Dopo i cinque 
        incidenti, teme per la sua integrità fisica. Se rivolge ad un sacerdote 
        esorcista di Belluno, chiedendole lo “liberasse dall'influenza satanica”. 
        Crede pure d’avere il malocchio.
        La storia infantile d'Erik, ci permette di capire, in chiave psicoanalitica, 
        il suo dramma vitale. Quando aveva due anni d’età, nacque 
        sua sorella. Da sempre, lui ricorda che la gelosia lo consumava, senza 
        però essere mai stato capito dalla madre. Lui doveva preoccupassi 
        che la sorella no si facesse male, per esempio, e se qualcosa le succedeva, 
        era sua la colpa. Lui si sentiva cosi sempre in disparte, sempre responsabilizzato, 
        e mai capito. La madre lo picchiava duramente. Comincia a vendicarsi, 
        castigando a sua volta alla sorellina, nello stesso modo che lui era trattato 
        dalla madre. 
        Diventa nel tempo, un bambino problema. Castigato brutalmente dalla madre, 
        ogni giorno. Fino a sanguinare. In un'occasione, per esempio, no va a 
        scuola per una settimana, dovuto alle botte ricevute. Il padre, che sapeva 
        ciò che succedeva a casa, lo portava a volte con se al lavoro, 
        per sottrarlo alle ire della madre.
        Questo bambino -problema, brucia i mobili di casa, spinge la carrozzina 
        della sorella, giù dalle scale di casa. Le da un biberon con l’alcol 
        dentro, la bastona ed è bastonato continuamente.
        Però, questa madre, è imprevedibile. Così come bastona 
        e picchia a sangue suo figlio, “sacrificandolo”, dello stesso 
        modo, lo tratta con affetto. Questo provoca in lui, una dissociazione 
        difensiva. Sappiamo il bisogno d’affetto e protezione che ha un 
        bambino. Questo pensiamo sia all'origine de un legame “di-valente”. 
        Dissociato. La madre è in questo modo, preservata. Se sottomette 
        a lei, mantenendo così gli aspetti buoni del legame, però 
        non potendo mai dire di NO. Né meno quando lo desidera.
        Però si allontana da lei, già a quattordici anni, va a lavorare 
        in Germania. Durante il primo anno, la madre resta con lui, e poi, per 
        sopportare la immigrazione e la solitudine affettiva, sebbene era con 
        uno zio, comincia ad andare, dopo il lavoro, ad un “coca- club,” 
        dai sedici anni. La rabbia, l’odio, la ostilità, sarà 
        nel successivo, scaricata, al cominciare la sua vita delinquenziale, contro 
        la polizia, l’esercito, i carabinieri, infine, chi rappresenta la 
        una forza pubblica, istituzionale. Gli provoca, bastonandoli e facendosi 
        bastonare.
        Man mano che Erik ci parla della sua infanzia, parla con la madre nelle 
        visite periodiche che questa le fa in comunità. Scopre così 
        che lei no ricorda per niente de averlo bastonato in quel modo durante 
        la sua infanzia - (una probabile amnesia difensiva in lei) e che nemmeno 
        se n'era resa conto della gelosia d'Erik per la sorella.
        Io le domando cosa sa dell'infanzia de sua madre.Lui viene cosi a sapere, 
        solo adesso, che sua madre, orfana del padre da quando aveva due anni, 
        ha subito dopo un patrigno che la picchiava brutalmente durante la sua 
        infanzia, mantenendo però la affetto della madre.
        Cui vediamo i due legami che mette in atto inconsciamente con il figlio: 
        uno sadico, e l’altro affettuoso. Il mistero, lo satanico, ciò 
        che tanto lo attraeva sono infine, gli aspetti dissociati del legame disturbato 
        con la madre 
        Si tratta dell'eredità satanica che questo patrigno lascia nella 
        donna, passando infine al figlio. Figlio che deve sacrificarsi e sottomettersi 
        al desiderio del altro. Quando lui parla delle sette, parla si della comunità 
        terapeutica che le chiede la rinuncia della sua sessualità, però 
        anche del suo sacrificio, rinunciando alla Germania, per esempio, alla 
        madre stessa, andandosene via di casa prima del tempo, per scappare inconsciamente 
        a questa madre imprevedibile. Finalmente, del suo “sacrificio” 
        infantile, alla mercé della follia della madre, che lo colpiva 
        “chiedendole il suo sangue, ”come lo fanno le sette sataniche. 
        Sadismo che diventa in lui, masochismo, per preservare il legame con la 
        madre. Questo legame “di-valente”, può essere modificato 
        nel rapporto analitico: Erik riesce a dirle alla madre: “Per no 
        mancarti di rispetto a te, mi sono mancato di rispetto a me stesso, sottomettendomi.
        Qual è il rapporto tra la Chiesa e la Setta? Nella Chiesa “si 
        nasce”, si appartiene a lei perché forma parte de un ambiente 
        storico- sociale. Alla setta, contrariamente, “ si aderisce” 
        per una decisione fondata in una convinzione. La Chiesa si presenta come 
        una istituzione che pretende redimere a tutti gli esseri umani. Per riuscire 
        a questo, cerca tutti i compromessi con gli ordinamenti del mondo. Nella 
        setta, invece, prevale, piuttosto, la critica radicale di questo. Pretende, 
        che chi vi aderisce, si sottometta ad un rigoroso cammino d’iniziazione, 
        culminante in un atto di conversione, ( metanoia)- di cambiamento d’identità.(*)
        La setta esprime un conflitto esplicito o implicito con il principio d’autorità. 
        Nel caso d'Erik, il suo conflitto con la madre è rimasto inconscio 
        per anni. La sottomissione alla “Madre = Chiesa”, lo portai 
        a scelte fondate sia nel masochismo sia nell'auto-agressione. O allo scontro 
        aperto con le altre “autorità”. La attrazione per le 
        “sette”, rispecchia la ricerca di una nuova identità. 
        La istituzione comunità terapeutica alla quale viene in cerca d'aiuto, 
        contiene in se stessa sia la “chiesa =-madre che chiede il sacrificio 
        della sessualità,” come la “setta= gruppo terapeutico” 
        che cerca un altro sistema de credenze, un'altra analisi della realtà, 
        che però, non ha nella forza, né il potere che ha la istituzione 
        madre. 
        La madre e la madre =chiesa le chiedono una rinuncia ad una parte del 
        sé, la castrazione.
        I sogni, da lui raccontati, rispecchiano una percezione inconscia di questa 
        problematica, percezione che rimane tale, fino a quando la persona sarà 
        pronta per un cambiamento.
       MATTEO
        1.
        Matteo ha 28 anni e una lunga storia di tossicodipendenza. Negli ultimi 
        anni, era parte di una banda mafiosa, che operava nel Nord d’Italia 
        con traffico de armi e droghe.
        Proviene da una famiglia de contadini di livello economico medio -alto, 
        che in più si era arricchita con le attività imprenditoriali 
        di suo padre. Questo muore in un incidente di lavoro- quando Matteo ha 
        21 anni d’età. Ha un fratello, due anni più anziano“ 
        che è tutto l’opposto di me”.
        Alla Comunità Terapeutica viene perché spinto dalla famiglia, 
        “alla quale provocavo molti problemi”, ci dice in un primo 
        incontro. Sua madre, lo ha prediletto da sempre, “perché 
        avevo problemi”, mantenendolo in un rapporto di dipendenza e complicità.
        Lui sceglie questa comunità, perché un amico la aveva fatta 
        precedentemente e si era trovato bene.
        Nella prima seduta di gruppo ci dice che: “sono dodici anni che 
        mi drogo, cominciando a tredici, quattordici anni con l’haschich. 
        (Notare che no lo considera droga) e ai sedici anni con la eroina, pero 
        in modo “controllato”. 
        (*) Nota. Pace, Enzo: Le sette. Bologna. Il Mulino, 1997, pag. 23/24.
      Appartengo ad una famiglia unita, senza nessun tipo di problemi. Pero 
        con la morte de mio padre, mi sono trovato da “mantenuto, figlio 
        di papà”, a dover prendere decisioni. Passo a dirigere una 
        piccola impresa, che ha funzionato, pero perde il controllo della droga. 
        Mi drogo senza limiti. Lo stesso come quando muore mia zia. Una voglia 
        di disfarmi”.
        “Ho mangiato così milioni di lire, finendo in carcere, con 
        una condanna a quattro anni e novanta milioni di multa.”
        "Quando esco, le passo l’attività a mio fratello ed 
        io inizio altra, con difficoltà.”
        Sempre in questa prima seduta, ci dice: stanotte ho fatto un sogno. “Uno 
        che abita vicino della mia casa a Padova, le spara al mio cagnolino. Io 
        le dico: uccido al tuo figlio!!! .E le tiro pietre.”
        “Da schizofrenico,” è tutto il suo il suo commento.
        Associa che si tratta di un vicino che viene a ristrutturare una casa 
        adiacente alla sua, sebbene non abita ancora lì. Io no sono aggressivo 
        nella realtà, ci dice.
        In verità, no se ne rende conto, perché la depressione copre 
        la sua aggressività. Aggressività che diventa auto-distruzione. 
        Con l'eroina cerca d’uscire dalla depressione allo steso tempo che 
        la agisce. Continua dicendo. Però no lo uccido a lui, sino al figlio, 
        lui deve soffrire, così come io soffro per il mio cagnolino. In 
        casa ne ho due.
        Le interpreto il sogno affermandole che lui ha paura con l’ingresso 
        nella comunità, di perdere i suoi affetti, che restano fuori, poiché 
        anche lui viene cui a ristrutturare la sua casa mentale, a questa casa 
        dove non abita.
        Pure lui, come l'uomo del sogno, ci mostra tutto il suo dolore e la sua 
        sofferenza, pero anche la sua paura per l'aggressività e impulsività, 
        no riconosciuta n'accettata da lui, sino totalmente negata e dissociata- 
        (lo schizofrenico).Nel sogno ci mostra così una percezione inconscia 
        del suo odio, della sua aggressività, e dell'impulsività 
        irrazionale. “Non sono aggressivo, sono di compagnia, allegro, mi 
        risponde". Alla fine dell'interpretazione, mi domanda: “Lei, 
        è spagnola?" Il suo accento. ha qualcosa di Maradona.
        Con questo sogno, in apparenza “irrazionale, o irrilevante per Matteo, 
        ci offre importanti elementi di diagnosi. La depressione, che nega, la 
        sua impulsività, la sua tendenza all'acting-aut, la paura al cambiamento 
        e pure la sua disponibilità al cambio, nonostante le angosce e 
        paure inconsce.
      2.
        Quindici giorni prima di compiere 29 anni, mi avvisa, durante la seduta 
        di psicoterapia gruppale, che se n'avrebbe andato via prima del compleanno.
        Durante questa seduta, fa un analisi della sua decisione, e di ciò 
        che ha potuto capire di se stesso durante il percorso terapeutico “.Ho 
        idealizzato ha mio padre, per me era un mito, un modello al quale aspiravo. 
        Capace, onesto, lavoratore. Lui rappresentava tutto quello che io no sono, 
        e che ormai, no riuscirò ad arrivare, mai più. Così, 
        finisco per dire, nemmeno mi piace essere come lui - come nella favola, 
        la volpe e le uve.- indico io. Già dalle scuole medie comincio 
        a scegliere d’essere lo opposto a mio padre. Questa diventa le scelta 
        più facile .Perché complicarmi la vita? Mi dico a me stesso. 
        E si domanda nuovamente davanti al gruppo.
        Per Matteo, tanto il padre come il fratello sono modelli positivi: onestà, 
        lavoro senza sosta, capacità imprenditoriale, ecc. Matteo, contrariamente, 
        fa lo opposto, l’ultimo della classe, il peggiore.
        Fare “il diverso”, e un modo d’avere una identità 
        chiara. Però, la scelta di vita delinquenziale, con le emozioni 
        forte che provoca, sono un modo, una via d’uscita dalla depressione.
        La trasgressività adolescenciale esprimeva già questa ricerca 
        d’essere visto e capito dalla famiglia. 
        La ammirazione al modello, ci permette di supporre una invidia inconscia 
        rivolta ai “buoni” della famiglia, mantenendolo nello stato 
        depressivo più o meno costante, sotto controllo con la eroina.
        L’odio verso queste stesse figure, odio totalmente inconsapevole, 
        lo orienta verso uno stile di vita delinquenziale, sfogando contro le 
        “forze dell'ordine pubblico” tutta la sua rabbia e aggressività.
        La sua scelta di vita si sostenta nella dipendenza dal modello paterno, 
        trasformato nell'opposto. “Io sentivo a mio padre cosi in alto e 
        perfetto, che però no mi permetteva d'essere me stesso. Un modello 
        irraggiungibile...” Temevo deludere a mio padre, vedendolo come 
        il massimo della correttezza, no potevo concorrere con lui, così 
        decido di fare l’opposto, il delinquente, il cattivo.”
        Nella scuola elementare ero il primo della classe. Capivo già che 
        no imparavo da gli errori, sino che questi mi facevano peggiorare .Cosi 
        comincio già nell'adolescenza a pensare che, “sarò 
        il peggiore, lo stupido, il monna, perché no sono capace d'essere 
        come mio padre”.(nemmeno e possibile prendere questo posto perché 
        già è stato occupato dal fratello maggiore).Conclussione: 
        se non posso essere come lui, sarò tutto lo opposto. “La 
        vita delinquenziale, -con le intese emozioni - mi attrae molto di più, 
        siccome no posso vedere piangere a mia madre, per fare la mia vita devo 
        andarmene via dalla mia casa, e adesso dalla comunità”
        Matteo sa che sua madre soffre per il suo stile di vita, però sa 
        pure che da sempre è stata una sua complice, opponendosi al padre, 
        difendendolo sempre. Anche adesso accetterà le sue decisioni.
        Le indico che questa decisione si fondamenta alla fine in un modello di 
        dipendenza. Penso, senza dirlo, che dal mio punto di vista, lui non è 
        un “vero”, completo delinquente. Nella sua famiglia c’è 
        una distribuzione dei ruoli tra i “buoni” e i “cattivi”, 
        conseguenza di una dissociazione o scissione difensiva e di una depressione 
        latente, della quale si fa carico Matteo per intero. Forse (-ipotizzo 
        ) Matteo è il secreto depositario del desiderio della madre, de 
        “aiutarla “ ad uscire da una sua insoddisfazione, che è 
        alla base della tossicodipendenza del figlio.
        Matteo in questo momento ci racconta un sogno fatto una settimana fa. 
        .”Eravamo fuori dalla Comunità Terapeutica. ,io, GR. GI. 
        e MO.(sono tutti compagni del suo gruppo psicoterapeutico) in una Diane 
        2 CV (una macchina piccola). Il baule è carico d'eroina. Ci ferma 
        l ’Esercito Italiano. Loro sono in una Jeep. Ci fermiamo, scendiamo 
        dalla macchina. Io avevo in dotazione una M.16. (Esercito U.S.A.) e R. 
        aveva una U.Z.I. (Esercito d’Israele). Scendiamo dalla macchina, 
        con la M.16. Quelli dell'esercito sono allo scoperto, li uccidiamo a tutti, 
        con ferocia inaudita. Finalmente io le do il colpo de grazia nella testa. 
        Festeggiamo fumando e snifando eroina. Tutti ci droghiamo alla fine.”
        Questo sogno lo fa domenica notte, dopo una giornata passata ad Assolo 
        in gita con tutta la comunità. In questa gita, “una noia 
        totale”, vediamo una banca e una gioielleria. Così, per scherzo, 
        le dice ad un amico del gruppo: cosa dici se facciamo una rapina?” 
        .La gita era noiosa, come per bambini, la sua proposta invece, era emozionante 
        e divertente. Commenta pure, la sorpresa che ha di se stesso, per la ferocia 
        mostrata nel sogno. Adesso se ne rende conto di quanta aggressività 
        e odio può sentire al meno nei sogni.
        Con questo sogno possiamo capire di più la sua confusione tra glia 
        aspetti “buoni” e “cattivi”. Lui si sentiva il 
        depositario di tutto ciò di brutto, di cattivo e di sbagliato in 
        confronto con la sua famiglia.[e società- aggiungo io].
        Nel sogno uccide alla pattuglia dell'esercito italiano, con le stesse 
        armi che utilizzano gli eserciti alleati: appunto: USA e, Israele. Combatte 
        quest'esercito regolare con un suo gruppo, utilizzando le stese armi di 
        loro, -le medesime che nella realtà, è anche trafficante.
        Qual è la differenza tra un esercito regolare e uno irregolare, 
        una banda paramilitare come quella di Matteo?. La differenza è 
        sottile. L’esercito regolare opera per lo stato , la banda paramilitare 
        opera in proprio. 
        La angoscia di Matteo diviene dal non avere arme proprie. Lui cerca di 
        liberasi dal potere di suo padre, che lo mantiene nella sottomissione 
        e nella dipendenza, impossibilitandolo di crescere. Il padre “perfetto 
        e idealizzato” della vigilia, è, nel suo mondo interno, un 
        padre oppressivo, tirannico, e di questo padre “intero”, vuole 
        liberarsi con odio e ferocia inaudita. 
        La conclusione del sogno, dove tutti si drogano , c'informa della sua 
        impossibilità, attuale, di liberarsi dalla dipendenza. Sebbene 
        ha la sua banda, il suo gruppo, ancora no trova un modello proprio, di 
        profonda, reale trasformazione e superamento. Essere il figlio “buono”, 
        o “cattivo,” lui sa che forse sono la stessa cosa. .No c’è 
        molta differenza tra un esercito regolare e uno irregolare.
        Infine, a cosa servono droga ed armi?
        Forse questo padre, così perfetto e idealizzato, no era nella realtà 
        solo così. Questo sogno pone il gran problema di Matteo, la costruzione 
        della sua identità, e c'informa de quanto è difficile e 
        faticoso per lui liberarsi da modelli interni cosi idealizzati come invidiati. 
        Lui sente che, in questo momento, ha bisogno d’uccidere al nemico, 
        cioè, liberarsi da suoi oggetti interni, ai quali odia ferocemente, 
        senza essere consapevole ancora di questo.
      Dopo questo sogno, Matteo decide di restare nella Comunità Terapeutica. 
        Questa volta con la consapevolezza della necessità di elaborare 
        il suo vecchio modello di dipendenza, e stile di vita delinquenziale, 
        cercando, paziente e costruttivamente una nuova identità.
      -3.
        Il sogno è la via maestra per accedere all'inconscio del paziente. 
        Da una prospettiva psicoanalitica, ha differenti funzioni:
        - La realizzazione simbolica de un desiderio represso,
        - La elaborazione di conflitti inconsci,
        - Una comunicazione intrapsiquica.
        - Un linguaggio che ha bisogno di essere tradotto e interpretato, per 
        far sì che la comunicazione abbia una finalità terapeutica.
      Come linguaggio, è una comunicazione del paziente con se stesso 
        e con il suo gruppo di appartenenza: famiglia, comunità.- 
        L’analisi sistematico dei sogni che i pazienti portano al gruppo 
        analitico, si è rivelato nella mia esperienza clinica come:
      1- Un significativo strumento de diagnosi
        2- Una valutazione del processo terapeutico
        3- Una mappa della situazione mentale del paziente.
        4- Una auto - percezione della patologia d’origine, (famiglia,) 
        
        5- Una percezione della de la patologia istituzionale. 
        6- Una auto- percezione della resistenza al cambiamento come della disponibilità 
        al cambio.